Everything is connected:
dal benessere alla performance.
Concetti nuovi dalle radici profonde.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo sempre gli occhi puntati sul futuro.

Mentre maneggiamo un oggetto di oggi, leggiamo come si trasformerà fra un mese e
qualcuno ci annuncia cosa lo sostituirà fra un anno. Simultaneamente. Le tendenze di ieri sono
passato remoto, superate da quelle odierne che, a loro volta, sono già messe in discussione da
qualche guru profetico. Un turbinio di informazioni e, possiamo dirlo, obsolescenza galoppante.
Obsolescenza per prodotti, servizi e idee.

Ma siamo sicuri che sia sempre così? Un veloce rewind del nastro temporale ci dimostra il
contrario. L’argomento è oggetto di dibattiti accesi: la produttività negli ambienti di lavoro.
In particolare, la produttività negli spazi adibiti a ufficio. Il confronto d’opinione – ormai quotidiano
– tra designer, architetti ed esperti, arricchisce tutti noi ma impone anche una riflessione.
Forse non tutto quello che è innovativo è davvero nuovo.

Circa 60 anni fa veniva meno Adriano Olivetti. Un personaggio le cui azioni sono tornate a essere
attuali. I concetti di Etica e Responsabilità Sociale che per primo, da vero imprenditore illuminato,
introdusse nella sua azienda, sono fonte di ispirazione per molte delle Corporate Social
Responsibility di aziende quotate in borsa e non.

 

Ma perché chiamiamo in causa Olivetti a proposito di
produttività negli ambienti di lavoro?

Per rispondere alla domanda usciamo, per un attimo, dal perimetro dell’ambiente ufficio per
allargarci al concetto di fabbrica, che comunque di uffici ne contiene. Adriano Olivetti aveva
una sua concezione della fabbrica. Non è solo una struttura che contiene macchinari e operai
al lavoro. È un luogo permeato da un principio guida secondo il quale la fabbrica è un
ambiente
da vivere piacevolmente e non da subire.

Con sommo stupore da parte di suo padre – industriale all’antica – Adriano dà istruzioni per
sostituire le pareti murarie della fabbrica di famiglia con vetrate chiare, attraverso le quali è
possibile ammirare il paesaggio al di fuori.

Collabora con architetti, urbanisti e sociologi. Condivide con loro la sua visione e in cambio
chiede la progettazione e realizzazione di strutture architettoniche, la riorganizzazione di
ambienti e spazi in grado di conciliare bellezza formale e funzionalità. Un miglioramento
delle condizioni di lavoro nell’impresa e della qualità di vita al di fuori di essa.

Anche relativamente al concetto di profitto, le sue idee sono in controtendenza con l’epoca,
che ricordiamo essere quella degli anni ‘40. È un pragmatico, il profitto non si trascura. Ma il
suo scopo primario non è l’arricchimento fine a sé stesso ma l’uso che se ne fa. Il profitto è il
carburante per generare valore sociale.

Olivetti investe moltissimo su formazione ed educazione allestendo in alcuni locali aziendali
una biblioteca aperta a tutti i suoi dipendenti. Invita a Ivrea intellettuali e organizza eventi al
fine di sensibilizzare soprattutto i giovani sui temi di solidarietà, comunità e cultura.

Qual è l’obiettivo? Creare benessere per la comunità.

E la fabbrica, il posto di lavoro, diventa luogo di condivisione e incontro, propedeutico a questo
movimento di qualità che ha un perno nel suo moto: la persona.

Perché per Adriano Olivetti è della massima importanza definire un’organizzazione del lavoro
che, nonostante sia mutuata da quella Fordista, se ne allontani nell’essenza spostando il
centro 
del processo dal prodotto all’individuo. La principale aspirazione di quest’uomo fu di
sperimentare il connubio tra etica e produzione, di unire modernizzazione e umanesimo.

 

Qual è il risultato di tutto questo?

Lavorare in un clima sereno, in un ambiente bello fa lavorare meglio. La produttività cresce,
vendite e profitti si moltiplicano. La fabbrica Olivetti travolge le frontiere nazionali e si fa
conoscere all’estero. Il prodotto industriale, utile, diventa anche bello.

 

“Io voglio che la mia Olivetti non sia solo una fabbrica ma un modello, uno stile di vita.
Voglio che produca libertà e bellezza perché saranno loro, libertà e bellezza, a dirci come
essere felici”.

Adriano Olivetti

 

La sfida dei nostri giorni, quindi, ha radici in idee che arrivano da lontano. Ed è a queste idee
che ci rivolgiamo per raccogliere l’ispirazione che permette la realizzazione del nostro
lavoro. Nel dire questo pensiamo ai criteri con i quali abbiamo immaginato l’ufficio olistico,
la PIAZZA nel suo insieme e i suoi singoli componenti.

Ambienti che ispirano. Ambienti che aiutano lo slancio delle idee. Perché le persone che li
vivono, provano sensazioni di benessere nello svolgere la loro attività quotidiana. E la svolgono
al meglio.